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Il primo disco è forse quello più jazzistico, c’è più improvvisazione; l’ho registrato a 33 anni, quando avevo già acquisito un bagaglio di esperienze ed ero forse in grado di elaborare un mio “suono” e dire qualcosa di personale, forse! Mi piace il suono della chitarra blues, cerco di unire quel tipo di sonorità ai groove funk e all’improvvisazione jazzistica. |
Il secondo disco è un po’ più funk, con alcuni pezzi cantati rap e improvvisazioni meno lunghe; qui ho avuto l’onore di avere come ospite in due brani il grande chitarrista americano Scott Henderson! |
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Il terzo disco, invece, è incentrato più sul soul-jazz degli anni Sessanta; abbiamo usato l’organo Hammond, siamo partiti da quel tipo di sound destrutturandolo e ricostruendolo secondo i canoni di oggi.
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In “A Kind of Sound” ho cambiato diverse cose. Il genere è lo stesso, ma è un po’ più distante dai lavori precedenti, essenzialmente perché la band non è più un quartetto, suoniamo in trio su tutto il disco: chitarra, basso e batteria! Non c’è più quel tessuto armonico creato dal Rhodes o dall’Hammond, quel tipo d’accompagnamento che sosteneva le mie melodie. |
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Questo è forse il disco che mi rappresenta di più, quello che avrei voluto incidere diciannove anni fa per l’esordio da solista. È un disco fusion, ma senza i manierismi tipici del genere; c’è il jazz, il funk, il blues, il pop, qui dentro c’è tutto il mio mondo musicale. |